Il confine della mente
Una scissione oltre lo spazio
Il risveglio di Mark Scout
Mark Scout aprì gli occhi, aspettandosi il bagliore sterile della sala Macrodata Refinement della Lumon Industries. Invece, un ronzio profondo e ritmico lo accolse: il suono dei motori a curvatura dell’Enterprise. Si trovava in una cabina dalle pareti metalliche, con pannelli luminosi che pulsavano debolmente. La sua divisa non era più la camicia azzurra e i pantaloni grigi della Lumon, ma una uniforme rossa della Flotta Stellare, completa di distintivo dorato. Un mal di testa gli martellava le tempie, e frammenti di ricordi – codici numerici, il sorriso inquietante di Milchick, il giuramento della Flotta – si mescolavano in modo confuso.
“Tenente Scout, la sua presenza è richiesta sul ponte,” annunciò una voce fredda e metallica. Era Helly, o una sua versione alternativa, con occhi che brillavano come quelli di un androide. Mark si alzò, barcollando, il confine tra il suo “innie” e il suo “outie” sembrava dissolversi come un sogno interrotto.
Sul ponte dell’Enterprise
Un mistero interstellare
Sul ponte di comando, il capitano James T. Kirk lo fissava con un misto di curiosità e autorità. “Tenente Scout, abbiamo un problema. Il teletrasporto ha smesso di funzionare correttamente. Metà dell’equipaggio è sparita, e i loro segnali vitali sono… frammentati. Lei sembra sapere qualcosa di questa ‘scissione’. Me lo spieghi.”
Mark sentì un brivido. La parola “scissione” risuonò nella sua mente come un eco della Lumon. Guardò lo schermo principale: una nave sconosciuta, con il logo della Lumon Industries inciso sullo scafo, galleggiava minacciosa nello spazio profondo. Trasmetteva un segnale criptico, simile ai file che analizzava ogni giorno alla MDR. Ma qui non c’erano scrivanie, né numeri senza senso – solo il vuoto dello spazio e un equipaggio in pericolo.
Spock intervenne, alzando un sopracciglio. “Capitano, il segnale contiene un algoritmo che separa la coscienza in due stati distinti. È una forma avanzata ma primitiva di ingegneria mentale. Se non lo neutralizziamo, l’equipaggio potrebbe perdere la capacità di distinguere tra realtà e simulazione.”
Kirk si voltò verso Mark. “Tenente, lei è la nostra chiave. Ci dica come fermarlo.”
Il segreto della Lumon
Ricordi oltre il confine
Mark chiuse gli occhi, cercando di afferrare i ricordi sigillati nella sua mente. La sua “innie” – la versione di lui che lavorava alla Lumon – conosceva i protocolli di scissione, ma quella conoscenza era nascosta dietro un muro psicologico. Poi, un flash: il wellness check, la voce calma di Milchick che gli diceva, “Tu sei abbastanza.” E un altro: il ronzio del teletrasporto, il logo Lumon che lampeggiava su uno schermo alieno.
“Capitano,” disse infine, “la scissione non è solo mentale. È intrecciata con la materia stessa. Dobbiamo invertire il flusso del teletrasporto e disattivare il segnale Lumon contemporaneamente. È l’unico modo per riunire l’equipaggio.”
Kirk annuì. “Scotty, ci porti nella sala macchine. Abbiamo un piano.”
La sala macchine
Un’alleanza improbabile
Nella sala macchine, Montgomery Scott li accolse con un’imprecazione. “Questo dannato marchingegno sta riscrivendo i nostri schemi molecolari! Guardate!” Indicò il teletrasporto, che pulsava di un’energia viola – il colore distintivo della Lumon.
Mark lavorò fianco a fianco con Spock, collegando i codici di scissione ai sistemi della Flotta Stellare. Mentre i numeri scorrevano sullo schermo, una rivelazione lo colpì: la Lumon non era solo un’azienda terrestre. Era un’entità interstellare, che usava la scissione per controllare le menti attraverso le galassie. E lui, Mark Scout, non era un semplice impiegato – era un esperimento, un ponte tra due realtà.
“Attivazione in tre… due… uno,” annunciò Spock. Il teletrasporto si accese con un lampo accecante. Quando la luce si dissolse, l’equipaggio era tornato, integro, i loro occhi confusi ma vivi.
Un nuovo orizzonte
Il mistero irrisolto
Kirk diede una pacca sulla spalla a Mark. “Bel lavoro, tenente. Ma quella nave Lumon è ancora là fuori. E credo che lei sappia più di quanto dice.”
Mark annuì, ma non rispose. Sentiva il confine dentro di sé tremare – l’”innie” e l’”outie” stavano iniziando a fondersi. Mentre l’Enterprise si preparava a inseguire la nave Lumon, si chiese se fosse mai stato davvero solo un uomo qualunque. Forse era sempre stato parte di un disegno più grande – un esperimento che attraversava tempo, spazio e coscienza.
Sullo schermo, la nave Lumon si allontanò, svanendo in una distorsione subspaziale. Spock si avvicinò a Mark, la sua voce calma ma tagliente. “Tenente, se i miei calcoli sono corretti, questa non sarà l’ultima volta che incontreremo la Lumon. E lei potrebbe essere l’unico in grado di decifrare il loro vero scopo.”
Mark guardò il vuoto stellato davanti a sé. Per la prima volta, non aveva paura della scissione – ma dell’unità che poteva rivelare.